Trieste (venerdì, 4 luglio 2025) — “Il Tempo di Omero. Voce, corpo, sguardo di Antonutti” è il titolo dell’esposizione in calendario dal 5 luglio al 12 ottobre 2025, allestita a Trieste negli spazi della Sala Selva al piano terra di Palazzo Gopcevich (via Rossini 4), organizzata in omaggio alla carriera di Omero Antonutti (1935-2019), attore di teatro, cinema, televisione e celebre doppiatore, friulano di origini e triestino d’adozione, nella ricorrenza del 90esimo anniversario della nascita.La mostra è visitabile da mercoledì a domenica in orario 10-18 a ingresso libero.
di Alessio Bianchi
La mostra è realizzata dalla associazione Casa del Cinema di Trieste con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in co-organizzazione con il Comune di Trieste e in collaborazione con l’Associazione Culturale Omero Antonutti; nata da un’idea di Franco Però, curata dal Prof. Paolo Quazzolo e dal Prof. Massimiliano Spanu dell’Università degli Studi di Trieste (DiSU – Dipartimento di Studi Umanistici), l’iniziativa si avvale della consulenza scientifica del Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl e della partecipazione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, del Teatro Nazionale di Genova, di Mittelfest, delle Teche Rai. Gli allestimenti sono opera dello studio Basiq di Trieste.
Il percorso espositivo presenta un viaggio tra le molteplici sfaccettature della carriera attoriale di Omero Antonutti, attraverso un arco di sessant’anni di attività per il teatro, il cinema e la televisione.
Formatosi all’Accademia d’Arte Drammatica annessa al Teatro Stabile “Città di Trieste”, dopo il debutto nel 1959 con un ruolo in “L’ispettore generale” di Gogol, prende parte alla messinscena di alcuni spettacoli memorabili come il goldoniano “Arlecchino servitore di due padroni” con la regia di Fulvio Tolusso (1961), “La dodicesima notte di Shakespeare”, diretto da Giovanni Poli (1961), “Un marito” di Italo Svevo diretto da Sandro Bolchi (1962). Nel 1962 inizia una lunga collaborazione con il Teatro Stabile di Genova diretto da Ivo Chiesa, sotto la regia di Luigi Squarzina; sarà protagonista di spettacoli fondamentali per la storia del teatro italiano del dopoguerra, assieme ad attori del calibro di Lina Volonghi o Alberto Lionello, quali “I due gemelli veneziani” di Goldoni (1963); “La coscienza di Zeno” (1964) e “Il fu Mattia Pascal” (1974), entrambi nella riduzione di Tullio Kezich; “Ciascuno a suo modo” di Pirandello (1964); “Baccanti” di Euripide (1968); “Una delle ultime sere di carnovale” di Goldoni (1968); e soprattutto “Cinque giorni al porto” di Luigi Squarzina (1969), una celebre edizione de “I Rusteghi” goldoniani (1969), “Madre Courage” di Bertolt Brecht. Gli ultimi spettacoli teatrali vedono Antonutti impegnato con Luca Ronconi nell’allestimento di due testi ibseniani: “L’anitra selvatica” (1977) e “John Gabriel Borkman” (1982), quest’ultimo per la Rai.
Al cinema esordisce nel film “Le piacevoli notti” (1966) di Armando Crispino, al fianco di Vittorio Gassman, Gina Lollobrigida e Ugo Tognazzi; negli anni Settanta interpreta ruoli significativi in titoli come “La donna della domenica” (1975) di Luigi Comencini e “Anno uno” di Roberto Rossellini. La consacrazione sul grande schermo avviene nel 1977 con “Padre Padrone” dei fratelli Taviani, Palma d’Oro al Festival di Cannes; la collaborazione con i due registi toscani proseguirà con “La notte di San Lorenzo” (1982), “Kaos” (1984), “Good Morning Babilonia” (1987). Dopo il trionfo alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1980 con il monumentale ”Alessandro il grande” (Ο Μεγαλέξανδρος) di Theo Angelopoulos, vincitore del Leone d’Oro, la sua parabola prosegue sulle scene internazionali, e in particolare in Spagna (dove la Mostra de València gli dedica nel 1988 una retrospettiva), con film importanti come “El Sur” (1983) di Victor Erice, “El Dorado” (A peso d’oro, 1988) di Carlos Saura, “El maestro de esgrima” (Il maestro di scherma, 1992) di Pedro Olea. In Svizzera, per il regista Villi Herman, è protagonista in “Matlosa” (1981) e “Bankomatt” (1989). In Italia è spesso coinvolto in ruoli intensi e drammatici in film di impegno civile: riveste i panni del faccendiere Michele Sindona in “Un eroe borghese” (1995) di Michele Placido; del banchiere Roberto Calvi in “I banchieri di Dio – Il caso Calvi” (2002) di Giuseppe Ferrara; del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat in “Romanzo di una strage” (2012) di Marco Tullio Giordana; del padre di Craxi in “Hammamet” (2020) di Gianni Amelio.
Ma la sua poliedricità lo vede impegnato in ruoli eterogenei in titoli come “La visione del sabba” (1988) di Marco Bellocchio, “Farinelli – Voce regina” (1995) di Gérard Corbiau, “N (Io e Napoleone)” (2006) di Paolo Virzì, “Miracolo a Sant’Anna” (2008) di Spike Lee, fino a “Benvenuto Presidente!” di Riccardo Milani (2013).
Antonutti deve parte della sua notorietà alle tante apparizioni e ruoli per la televisione, dallo sceneggiato Rai “ESP” (1973) di Daniele D’Anza al debutto per la tv di Elio Petri “Le mani sporche” (1975)”, da “Il disertore” (1983) di Giuliana Berlinguer a ”Mio figlio non sa leggere” (1984) di Franco Giraldi, da “Genesi: La creazione e il diluvio” (1994) di Ermanno Olmi a “Sacco e Vanzetti” (2005) di Fabrizio Costa.
Fortissimo è inoltre il suo legame con il territorio, che nel corso degli anni lo ha visto recitare nell’opera televisiva “L’isola” (1983) di Pino Passalacqua, tratto da un racconto di Giani Stuparich (realizzato con la consulenza di Callisto Cosulich, vede per la prima volta Antonutti recitare in dialetto triestino sullo schermo); in “La frontiera” (1996), girato in Dalmazia ancora per la regia di Franco Giraldi; e in “La ragazza del lago” (2007) di Andrea Molaioli, ambientato sulle sponde dei laghi di Fusine.
Gli anni Duemila vedono nella carriera di Antonutti un ampio intreccio di attività tra schermi e palcoscenici. Tra le principali, “Opera 1999”, con il complesso musicale di Goran Bregović; “Oedipus Rex” di Cocteau al Teatro dell’Opera di Roma (2005) con la regia di Squarzina; la serata in Omaggio a Pasolini(2015), per il quarantennale della scomparsa dello scrittore friulano, documentata in un CD Decca. Fondamentale la sua presenza in spettacoli quali “La memoria dell’offesa” (1995) di Renato Sarti, realizzato alla Risiera di San Sabba di Trieste al fianco di Giorgio Strehler, o “Genius loci” (2016) prodotto dallo Stabile del Friuli Venezia Giulia nell’anniversario del terremoto del Friuli. È più volte protagonista al Mittelfest di Cividale del Friuli, in “Danubio” di Claudio Magris con la regia di Giorgio Pressburger (1997); “Eclisse totale” di Pia Fontana, con la regia di Franco Però (2009); “Strolic” su testi di Piero Zorutti (2013).
La voce dal timbro caratteristico e inconfondibile di Omero Antonutti ne ha fatto anche un apprezzato interprete di sceneggiati radiofonici: tra il 1959 e il 2008 ne ha realizzati circa una settantina. Dotato di un timbro vocale profondo e coinvolgente (che Tullio Kezich diceva “possente”), Antonutti è conosciuto dal grande pubblico quale raffinato, imponente doppiatore di star internazionali quali Christopher Lee (“Il signore degli Anelli”), Michael Parks (“Kill Bill: Vol. 2″), John Hurt (“V per Vendetta”), Omar Sharif (“Monsieur Ibrahim”). È stato voce narrante per film di grande successo come “La vita è bella” (1997), “Il mestiere delle armi” (2001),“Il favoloso mondo di Amélie” (2001).
L’esposizione, suddivisa su tre sale, ripercorre il percorso artistico di Omero Antonutti attraverso le tappe fondamentali della sua carriera teatrale e cinematografica, ed è costruita attorno alla collezione privata della associazione culturale Omero Antonutti, che ha raccolto l’intera eredità dell’attore e i materiali archiviati nel corso dell’intera vita artistica. Manifesti e locandine teatrali e cinematografiche, fotobuste e fotografie di scena, immagini e documenti dei numerosi viaggi e trasferte professionali, medaglie e premi ricevuti nell’arco di quasi sessant’anni, e ancora libri appuntati e autografati, copioni e brochure, oggetti di scena e memorabilia, compongono il mosaico attorno a cui ruota la mostra. E il viaggio parte, immancabilmente, dal baule dell’attore, con la coppola originale utilizzata sul set di “Padre Padrone” e l’abito di scena utilizzato per il ruolo di Pirandello in “Kaos”.
Il percorso è arricchito da alcuni scatti originali di Umberto Montiroli, uno dei più grandi fotografi di scena italiani, riferiti ai set dei film dei fratelli Taviani. Inoltre, da una selezione di fotografie di scena in bianco e nero provenienti dall’archivio digitale del Teatro Nazionale di Genova. E da una selezione di filmati, in rotazione su sei monitor, con materiali dalle Teche Rai, una video-intervista prodotta da Videoest, estratti dal documentario “Dalla quercia alla palma – I 40 anni di Padre padrone” di Sergio Naitza e sequenze di riprese dagli spettacoli prodotti sul territorio regionale “La memoria dell’offesa”, “Genius loci”, “Voci nella guerra” e “Danubio”.
Info:
https://www.museoschmidl.it
museoschmidl@comune.trieste.it
https://www.casadelcinematrieste.it
segreteria@casadelcinematrieste.it